La prima testimonianza scritta relativa alla parrocchiale è del 28 luglio 1291, giorno di San Biagio: si tratta di un’indulgenza concessa da Papa Nicola IV alla Chiesa di Santa Maria di Cengio della Diocesi di Alba. Di questa antica fondazione non si sa altro. Il primo documento che riguarda il fabbricato della chiesa è del 1667, in occasione della visita pastorale del Vescovo di Alba, Monsignor Vittorio Della Chiesa. In quell’anno l’edificio risulta edificato per due terzi e con la parte del coro (rivolta ad est) ultimata; all’esterno dell’abside, a circa 8 metri dal suolo, una grossa pietra reca la data incisa: 1662, anno di inizio dei lavori di ricostruzione. La croce incisa a lato indica che la chiesa era consacrata quindi vi si potevano svolgere le funzioni, benchè non ancora ultimata. Fin dall’anno 1600 la parrocchia aveva assunto il titolo di “Nativita’ della Beata Vergine Maria”; da quello più generico di Santa Maria, si era scelta una titolazione che facesse riferimento ad un momento particolare della vicenda terrena di Maria, a cui poter rivolgere preghiere, magari per avere figli sani e numerosi, unica vera ricchezza per un popolo contadino. La chiesa è in stile barocco piemontese, decisamente più sobrio rispetto ai noti esempi di architetture romane, torinesi o veneziane coeve; costruita ad aula su un piccolo colle, domina il borgo. A qualche anno dall’assedio del castello e dalle distruzioni ad opera degli Spagnoli, con questa ricostruzione il villaggio sembra mostrare la propria volontà di rinascita e di riscatto; quasi a voler eliminare ogni traccia di quel disastro (ma anche, ovvio, per ragioni economiche) vengono riutilizzate molti blocchi di pietra del castello distrutto. Alle spalle della chiesa vi è l’oratorio dei Battuti Bianchi, anch’esso costruzione seicentesca ma completamente smantellato al suo interno (è di proprietà privata). Tutto intorno all’edificio vi erano le sepolture, poi spostate in un’area cimiteriale separata, in seguito all’Editto napoleonico di Saint Cloud (12 giugno 1804). Il portico o platea davanti all’ingresso principale della chiesa è di inizio Ottocento, come risulta dal cartiglio al di sopra del portale; il Libro dei Conti del 1804 segnala la necessità di un portico di ingresso, per dare riparo ai fedeli nelle giornate di maltempo. Il campanile, anch’esso in stile barocco, è a pianta quadrata con copertura a piramide; è alto circa 20 metri. Per quanto riguarda l’interno della chiesa, l’altare maggiore è uno degli elementi più antichi della Chiesa, realizzato in marmi policromi nel 1872, in sostituzione di quello costruito da Antonio Pedruzzi e Domenico Cometa nel 1670: questa data è incisa nel piccolo armadio in muratura sul retro dell’altare. Ciò dimostra che il più antico scheletro dell’opera è stato inglobato in quello ottocentesco. Sopra l’altare è stato sistemato un crocifisso tardo-medioevale, proveniente dall’antico oratorio dei Battuti. Al di sopra ancora era sospeso un scenografico baldacchino a pendoni in legno dipinto (oggi ricoverato nella tribuna della controfacciata) messo in opera nel 1781. Alle spalle dell’altare è ancora ben conservato il coro ligneo con leggio centrale, già presente nel 1667. Al fondo dell’abside è collocata la pala d’altare con la Natività della Vergine, ora in corso di restauro presso il laboratorio di Claudia Maritano, Carcare. Ai lati della pala, due finte nicchie con effetto trompe l’oeil nei toni del grigio raffigurano i Santi Pietro e Paolo; opera del Borgna. Sulle pareti laterali del presbiterio sono collocati due dipinti: la Visitazione dei pastori e l’Adorazione dei Magi. La volta dell’aula è affrescata dal pittore savonese Giovanni Borgna nel 1888, con la Gloria (Assunzione) di Maria al Cielo. Le pareti laterali prevedono le seguenti cappelle, lungo un percorso da sinistra verso l’altare; poi a destra dall’altare verso l’uscita.

CAPPELLA DELLA MADONNA ADDOLORATA
1° a sinistra, restaurata nel 2008. Pala d’altare di fine ‘700: in una relazione parrocchiale del 1770 viene indicato, insieme agli altri tre,  l’altare della Vergine dei sette dolori “in cornu evangelii”, cioè “sull’angolo del Vangelo”, quindi sul lato sinistro della chiesa, dove si leggeva il Vangelo secondo l’antica liturgia. I decori in stucco dipinto sulle pareti della cappella sono di fine ‘700. Il gruppo ligneo della Madonna del Rosario è opera del savonese Filippo Martinengo detto Pastelica, scultore di due casse processionali per il Venerdì Santo di Savona. L’opera gli viene commissionata nel 1786, ma già nel 1792 si segnala nel Libro dei Conti una “quasi totale rifattura”. Definita anche “moderna e assai decente”. Il confessionale in muratura è costruito tra 1849-51

CAPPELLA DELLA MADONNA DEL ROSARIO
Restaurata nel 2007. Altare in marmo sormontato da un fastigio in stucco di fine ‘700, ospitante i 15 tondi con i Misteri del Rosario del 1843, opera di Giovanni B. Favaro. La nicchia è datata 1786; creata per ospitare la statua lignea della Madonna del Rosario, che vi fu collocata per soli sei anni,  contiene ancora oggi il Cartelame ligneo della Vergine, realizzato nel 1792 come sostitutivo temporaneo durante il restauro della statua, danneggiata dall’umidità della nicchia stessa, orientata a nord. La scultura rivela una impostazione che pare risentire di una rigida influenza dello stile neoclassico; la figura della Vergine, dal volto levigato, ha lo sguardo rivolto in basso verso i fedeli, cui porge un rosario, accennando un sorriso benevolo e accogliente. Tali caratteristiche sono tipiche dello scultore savonese Filippo Martinengo detto “Pastelica”, autore di alcuni gruppi lignei della Processione del Venerdì Santo, tra cui “La Deposizione dalla Croce” e “L’Addolorata”. Maria ha l’abito costellato di rose di differenti roseti, simbolo della gioia e dei dolori della vita, attraverso i quali si può raggiungere la Gloria di Dio.

CAPPELLA DI SAN CARLO BORROMEO
A destra, di fronte alla Madonna del Rosario. Restaurata nel 2001 la tela e nel 2005 la cappella. 
Decori parietali di fine ‘700; stessa datazione per la pala, nominata nel Libro dei Conti del 1772. L’immagine celebra San Carlo Borromeo, nato ad Arona nel 1538, fatto cardinale dallo zio Papa Pio IV a soli 21 anni; vescovo di Milano, condusse la sua missione cristiana in nome dell’humilitas. Muore di peste, dopo aver assistito gli ammalati; è protettore del clero, dei catechisti e dei maestri, invocato contro la peste; la sua fisionomia è ben riconoscibile per il grosso naso e la corporatura minuta. Eè ritratto in abito cardinalizio, attorniato da una schiera di santi: Gervasio e Protasio, compatrioti di Milano insieme a San Carlo, sepolti in Sant’Ambrogio; Santa Lucia; San Sebastiano, San Fabiano e San Francesco. Portina di ingresso laterale, comoda all’arciprete che abitava a fianco della chiesa. Secondo confessionale speculare al primo.

CAPPELLA DI SAN LUIGI GONZAGA
Del 1770. 
La pala mostra San Luigi in adorazione della Vergine Maria. Questo santo, vissuto nel XVII secolo, entrò nella Compagnia di Gesù a Roma; San Carlo gli impartì la prima Comunione. Aiutò gli ammalati durante la peste e morì, colpito dal morbo, a soli 23 anni. Suoi attributi di riconoscimento sono: il giglio, simbolo di purezza; il teschio simbolo di preghiera e meditazione sul valore della vita terrena; la corona del potere temporale, che egli rifiutò, essendo di nobile stirpe.