Roccaforte, Cappella di San Maurizio

Dr. Donatella Donà
8 febbraio 2014

 

LA CAPPELLA DI SAN MAURIZIO A ROCCAFORTE MONDOVI’

La cappella di San Maurizio presenta un’architettura romanica di rilievo e tipica dello stile in area alpina. Mentre gli affreschi, di varie datazioni, sono certamente tra i più antichi del Monregalese ( XI – XII s. ). Presentano iconografie che li affiancano a quel grande rinnovamento artistico che sorge dopo il Mille in tutta l’area alpina in diretta conseguenza del risveglio culturale europeo.

STORIA DOCUMENTARIA

La prima menzione di Roccaforte risale al diploma di Enrico II del 1014 che conferma all’abbazia di Fruttuaria tutti i beni che Guglielmo da Volpiano aveva ricevuto da famiglie eminenti tra cui i da Morozzo. Sono qui citate una ventina di località che Eriberto, figlio di Gezone di Stolezano, aveva lasciato in eredità a Fruttuaria. Sono interessanti i toponimi: Cassanio e Garesina lungo l’Ellero, Roccaforte e Gragnasco. Da questo diploma ricaviamo che la zona a noi pertinente apparteneva ai Signori di Morozzo che avevano ottenuto la signoria dell’antico contado di Bredolo e che, come tutte le famiglie nobili dell’epoca, erano particolarmente inclini a concedere terre e beni alle grandi fondazioni monastiche, poiché i monasteri erano visti come “ centri di orientamento per la potenza di una progenies, che intorno ad un santuario, prima che intorno a un castello, cerca di definirsi e di conservare memoria di sé” (G. Tabacco). Pensiamo qui alla fondazione del priorato di San Biagio di cui quest’anno ricorrono i mille anni.

L’altro documento importante risale al 23 marzo 1018. È un testo di non facile interpretazione e si tratta di un atto di compravendita dove Anselmo e sua moglie Rotelda vendono dei beni di loro pertinenza a Roccaforte.

“ In loco e fundo rocaforte cum turre solarium et muro In parte super abente cum nostram porcionem de castro ipso tenente et est suprascriptam nostram terciam porci(onem) de roca et turre et solarium seucastro Insimultenente per mesura Iusta tabulas duodecim suprascriptam nostram porcionem de predictjs rebus foris eodem castro et area capella quod est edificata In onore santi petri”.

Alcuni termini interessanti ci documentano come a Roccaforte esistesse una costruzione fortificata (turris, muros,solarium), di non grandi dimensioni, ma in muratura, e non come d’uso in legno, e che la “torre” avesse un piano nobile ( il solarium ). Tale tipologia è di derivazione germanica e forse non a caso i venditori erano di legge salica. Al termine del documento si parla di una capella intitolata a San Pietro che si trovava fuori dalle mura del castello. Sembrerebbe perciò fare riferimento all’attuale nostra cappella, anche perché non aveva diritto plebano.

Carlo Tosco, che riporta il documento citato, ricorda infatti che non esistono raffigurazioni di San Maurizio di epoca romanica, mentre l’affresco dell’abside maggiore risale di sicuro al XVII s. e forse la nuova titolazione avvenne nel XVI s. sotto l’impulso di compiacere i Savoia.

Altri due documenti: 1041,diploma di Enrico III a favore della chiesa di Asti; 1345,registro delle chiese della Diocesi di Asti, non parlano espressamente della nostra cappella ma genericamente del comitato di Bredolo, il primo; e la menzione senza titolo ma dipendente dalla prepositura di Morozzo, il secondo.

ARCHITETTURA

Schematicamente possiamo rilevare:

Attualmente chiesa a due navate divise da pilastri e con due absidi semicircolari; copertura a capriate; campanile sull’angolo frontale sinistro.

Materiale di costruzione: pietre irregolari, ciottoli di fiume e rari frammenti di laterizio.

Due contrafforti rinforzano il lato sud.

Due ingressi: il principale in facciata; porta secondaria al lato sud.

I due pilastri sorreggono delle arcate a sesto leggermente ribassato con una specie di zoccolo d’appoggio.

Torre campanaria quadrangolare con tre serie di specchiature coronate da una cornice di quattro archetti pensili: nella specchiatura inferiore vi è una semplice monofora; quella di mezzo è liscia; la superiore, che ospita la cella campanaria, presenta una bifora con capitello a gruccia.

Finestre tutte monofore. In facciate due aperture a mezzaluna e, vicino al colmo del tetto, è rimasta una croce luminosa.

Esistono alcune monofore accecate di cui si rintracciano all’esterno le vestigia. Ad es., sul lato sud ne troviamo altre quattro e nell’abside maggiore due.

Possiamo ipotizzare che nell’abside maggiore esistessero tre monofore secondo una consuetudine delle chiese di età romanica.

La datazione sarebbe poi da suddividere:

a)    la primitiva costruzione a navata unica absidata risalirebbe al X e XI s.(ricordiamo anche Santa Maria delle Vigne a Carassone e San Sepolcro a Piozzo; San Nazario a Lesegno e Sant’Andrea a Mombasiglio);

b)    l’aggiunta della seconda navata si collocherebbe all’inizio dell’XI s. e qualche anno dopo l’inserimento in facciata del campanile con l’allungamento di una terza campata all’abside maggiore.

In conclusione: la cappella di San Maurizio presenta un’importanza davvero eccezionale per la nostra zona e potrebbe rappresentare il punto di sutura tra le costruzioni di età carolingia ( v. Sant’Elena di Torre) e la prima architettura romanica nell’Italia settentrionale. La presenza poi degli archetti pensili  e delle bifore con capitello a gruccia del campanile riporta all’analoga costruzione del San Benigno Canavese ( Fruttuaria) con le ovvie implicazioni.

L’architettura della cappella accosta la nostra chiesa alla tipologia germanica e alla conseguente diffusione nell’area padana e fa di San Maurizio un punto di contatto con gli stilemi diffusi in aree più centrali attraverso vie che sarebbe interessante rinvenire e alle quali cercheremo di dare risposta nell’analisi degli affreschi.

DECORAZIONE PITTORICA

Gli affreschi più antichi sono le Storie della Genesi sul lato sud della navata principale che dovrebbero risalire alla fine della seconda fase costruttiva e quindi alla seconda metà dell’XI s. in quanto, i colori chiari, le linee flessuose (il serpente attorcigliato e le gambe ripiegate di Adamo e Eva), il contorno del disegno ben marcato, nonché la presenza di Gesù che scaccia i progenitori dall’Eden ci indicano che il pittore era a conoscenza dell’evoluzione tecnica e dell’iconografia dell’XI s. Ma dove possiamo riscontrare meglio questa sensibilità è nel Sacrificio di Abele. Rara iconografia nella nostra zona (la troviamo solo nella cappella di San Salvatore a Macra, in val Maira), ha diffusione invece nel Sud Tirolo a cui deriva forse dagli esempi romani di San Paolo fuori le Mura e di San Benedetto in Piscinula, dimostrando il passaggio di temi paleocristiani all’arte romanica. Non dobbiamo però escludere che tale tema fosse invece diffuso e i nostri due esempi siano gli unici rimasti.

È comunque interessante notare l’anomalia qui a San Maurizio. Nella prassi iconografica cristiana il personaggio buono è sempre collocato alla destra di Dio, qui Abele è invece alla sinistra della mano divina e ciò per ovviare al poco spazio concesso. Ma la mano di Dio è chiaramente la destra e quindi il pittore ha voluto significare la certa accoglienza del sacrificio. Resta da capire dove fosse collocato Caino. Non certo dall’altro lato della mandorla (manca lo spazio). È probabile che fosse in posizione retrostante come vediamo in una miniatura anglo-sassone dell’XI s. conservata ad Oxford.

La navata laterale presenta un altro ciclo di affreschi più ampio ma di datazione più tarda (forse XII s.).

Nel catino absidale campeggia la Maiestas Domini tra i Viventi. Nel registro sottostante gli Apostoli, distribuiti in due gruppi di quattro attorno alla monofora. Da rilevare la presenza delle due nicchie sicuramente risalenti alla seconda fase costruttiva dell’XI s., data la disposizione delle pitture che ne tengono conto. Forse queste nicchie assolvevano al compito di reliquiari. Tale utilizzo era tipico quando non esisteva una cripta (luogo deputato alla conservazione di reliquie). Allora potremmo ipotizzare che l’aggiunta della seconda navata ebbe carattere di ampliamento per la maggiore affluenza di fedeli ma anche di conservazione e culto di particolari reliquie pervenute alla cappella (nel ‘700 il Nallino aveva ricordato la funzione della cappella di San Maurizio quale santuario locale).

Il registro inferiore è rappresentato da un velario figurato sul quale appunteremo in particolare la nostra attenzione, in quanto tipico dell’arte romanica di tutto l’arco alpino.

Il velum dipinto appeso alla parete deriva dalla consuetudine di ornare le pareti con drappi, una soluzione ereditata dall’Antichità e protrattasi nel Medioevo in contesti religiosi, soprattutto nella zona absidale. In genere il velario ha due bordi, uno superiore e l’altro inferiore, ornati da una fascia compresa tra due linee con differenti decorazioni; il corpo del drappo è dipinto con pieghe a chevron 

(disposte a lisca di pesce a formare delle “ V “ concentriche) o a ventaglio (si diramano da un punto). Il velario può essere appeso in differenti modi (ad un’asta, ad una fascia; con ganci, anelli, asole, chiodini)

e frangiato nella parte inferiore (continuo per tutto il bordo o con fili annodati in gruppetti).

A San Maurizio troviamo un velario con fascia superiore e inferiore a diversi pattern (schemi); nelle pareti laterali: bordo superiore a tinta unita grigio-azzurro e bordo sottostante a cerchi rosso-ocra(bruno) su fondo bianco. Nella parete absidale: bordo superiore sempre a tinta unita grigio-azzurro e bordo sottostante a losanghe puntinate rosso-ocra (bruno). Le pieghe sono a ventaglio di colore grigio-azzurro. Il velario è appeso ad una fascia continua grigio-azzurra e le frange sono a fili annodati in gruppetti di tre in rosso-ocra (bruno). Le figure del velario sono disegnate in bruno senza contorno; sono sedici tra animali e umani con in più un albero sulla parete destra della navata. Il velario doveva infatti continuare sulla parete sud dove ora resta visibile nel registro sottostante il San Giorgio (?).

Partendo da sinistra troviamo:

un uccello rapace con una serpe in bocca

un pavone ( boria, lusso, alterigia, ma anche rinnovamento)

un altro pavone con la testa girata all’indietro

un uccello dalla difficile interpretazione, ma dai piedi palmati (persona vigile e pia)

un quadrupede dal lungo muso (se elefante = purezza)

un leone (duplice: modello dell’uomo eroico; simbolo del mondo diabolico)

una sirena dalla doppia coda ( la tentazione che conduce alla perdizione )

una figura umana nuda

un uccello dalle proporzioni abnormi

un uomo che con una lancia rincorre l’uccello e che presenta la parte inferiore del corpo di un volatile

un Priapo(?)

un uomo tunicato

la parte posteriore di un quadrupede

un quadrupede che si accosta all’albero

un dromedario (ma inteso come cammello = discernimento)i resti di un altro quadrupede dalla difficile identificazione, forse un capro.

Per l’Italia settentrionale esiste un buon numero di velari figurati databili tutti al XII s. Dalla Lombardia al Veneto senza trascurare l’importante velario del campanile di San Giusto a Susa. In Valtellina e nelle province di Como e Lecco le figure del velario sono i Mesi, rappresentazione assai anomala come collocazione, mentre i velari veneti privilegiano scontri tra cavalieri, tra cavalieri e creature fantastiche o animali tratti dal bestiario proprio come a San Maurizio.

È comunque importante sottolineare che l’uso del velario figurato è tipico del romanico tra XI e XII s. Le caratteristiche tipologiche del nostro velario (pieghe grigie su fondo bianco, frange a gruppi e losanghe puntinate), sono analoghe a quelle dei velari lombardi e costituiscono quella sorta di continuità di influenza lombarda già riscontrata per l’architettura.

A parte si colloca il raffronto con il velario dell’ambiente a piano terra del campanile di San Giusto a Susa. Di grandi proporzioni (185 cm. di altezza) è di colore bianco anch’esso ma le pieghe sono giallo-ocra a “V”  e termina anche qui con una frangia. Analoga la fascia orizzontale a losanghe puntinate di colore bruno, ma a San Giusto sono quattro e dividono i drappi in tre riquadri verticali. Le raffigurazioni sono invece anch’esse monocrome tracciate con un semplice profilo di colore come a San Maurizio. Di notevole interesse è la figura di giovane guerriero caduto con scudo a mandorla, che sarà da tenere presente per l’affresco sulla parete sinistra della navata laterale di San Maurizio.