La tradizione della processione del Giovedì Santo, denominata “del gallo”, inizia nel XVII secolo e perdura fino agli anni ‘50 dello scorso secolo. Per le vie dell’antico borgo di Villavecchia si snodava la processione aperta dai “sergentini”, i priori della Confraternita dei Luigini in manto bianco e nastro azzurro; seguivano le Figlie di Maria, le Umiliate e i batù con in mano i lunghi bastoni con i simboli della Passione. In capo alla processione vi era un Cristo che portava la pesante croce: vestito di una tunica rossa, era incappucciato e la sua identità era conosciuta solo dai membri della Confraternita dei Disciplinati. Spesso era una persona che impersonava il Cristo per penitenza o per voto: si diceva che se fosse morto entro l’anno della processione sarebbe andato direttamente in Paradiso.
Nell’ex parrocchia di S. Caterina, sulla parte di ingresso, vi è un affresco (XVI-XVII secolo) che presenta Cristo attorniato dai simboli della Passione: i chiodi e le tenaglie,la borsa dei trenta denari, la mano e i dadi per tirare la sorte, la brocca d’aceto, il bacile dove Pilato si lavò le mani, la lancia, la scala, la tunica e il famoso gallo che ha dato il nome alla processione. Si può dire così come questa tradizione fosse fortemente sentita dai parrocchiani. Ancora oggi esistono le aste processionali con i simboli, detti “misteri”.
Dal 1700 poi, il Venerdì Santo la comunità si ritrovava per la “Via Crucis” fino al monte Momburgo che sovrasta Villavecchia e che da allora venne chiamato Monte Calvario.