Mondovì viene fondata nel 1198 come libero comune, ma nel 1200 cade sotto la giurisdizione del Vescovo-conte di Asti che ne ordina la distruzione nel 1231. La città risorge nel 1232 e forma una Lega con Milano, Cuneo e Savigliano. Per le varie vicende italiane, nel 1260 deve soggiacere all’occupazione angioina ed ancora a quella del Vescovi di Asti nel 1274. Finalmente, nel 1290, ottiene l’autonomia comunale, tanto che per tutto il Medioevo è conosciuta come “ MONS REGALIS “. Ma non è ancora finita la sua storia di occupazioni: infatti nel 1305 deve subire la seconda dominazione angioina e, in un turbine di vicende, guerre e scontri, quella dei Visconti, dei Marchesi del Monferrato, degli Acaja e in ultimo entrare a far parte del territorio dominato dai Savoia nel 1418. La casa Sabauda stava infatti espandendosi al di qua delle Alpi e formando quello che sarà il Regno Sabaudo. Ma per Mondovì e il suo contado fu la salvezza. La città iniziò a progredire, tanto che nel 1472 fu qui stampato il primo libro in Piemonte. Gli anni di pace e di prosperità si concretizzano al punto che nel XVI secolo Mondovì è la città più popolosa del Piemonte e dal 1560 al 1566 è sede dell’Università del Regno Sabaudo. In contemporanea con le vicende strettamente storiche, dobbiamo ricordare la formazione della Diocesi. Con la bolla “ SALVATOR NOSTER “ dell’8 giugno 1388, il papa Urbano VI erige la Diocesi del Monte Regale che, tra il 1440 e il 1461, raggiunge la sua completa estensione che abbraccia il territorio tra Stura, Tanaro, Alpi Marittime e Liguri. Il 29 novembre 1438 anche Cuneo è aggregato a Mondovì. Sicuramente il tessuto sociale monregalese del XV secolo non è formato da grandi case aristocratiche, né la piccola nobiltà ha grande potere, infatti Mondovì nasce come libero comune.  La popolazione è però formata da agiati borghesi e da un ceto contadino che vive in maniera dignitosa al di sopra certamente dell’indigenza. Ne sono prova le pievi e le cappelle sparse anche nei piccolissimi agglomerati urbani e rurali. Nel XV secolo, inoltre, i monasteri di Pogliola e di Rifreddo avevano già iniziato la loro parabola discendente, mentre esistevano i conventi cittadini dei Francescani e dei Domenicani, per altro interessati alla committenza di raffigurazioni pittoriche in quanto ordini predicatori. Comunque c’è una capillare diffusione di pievi e cappelle e una profonda fede religiosa in questi liberi uomini. La fede permeava ogni momento della vita e si concretizzava nelle pitture delle cappelle e nel farle eseguire in modo idoneo alla cultura, alla tradizione e alle possibilità economiche della comunità.