La fonte più antica per la narrazione delle vicende della Legione Tebea, da molti ritenute esclusivamente un’espressione della letteratura agiografica cristiana essendo molto difficile trovare una loro base storica, è rappresentata dalla “Passio Martyrum Acaunensium” scritta nel V sec da Sant’Eucherio, vescovo di Lione, giunta a noi attraverso vari rifacimenti successivi; ma ne parla anche Jacopo da Varagine nel XIII secolo nella sua “Legenda aurea”. Si tratta di una legione di 6666 soldati proveniente dalla regione egiziana di Tebe, presso Luxor, professante la religione cristiana, capitanata da un ufficiale di nome Maurizio e diretta in Gallia allo scadere del III secolo d.C. per unirsi alle truppe di Massimiano impegnato contro una rivolta dei celti Bagaudi. I portastendardo sono Candido, Innocenzo, Essupero, Vittorio e Costanzo. Diocleziano e Massimiano impongono in tutte le province la conversione agli idoli ma, prima di partire, il santo papa Marcellino esorta i soldati cristiani a farsi piuttosto uccidere che violare la fede di Cristo. Giunti ad Agaunum, nell’attuale Svizzera, i legionari vengono sterminati per non aver rispettato le disposizioni imperiali che impongono loro un’azione militare contro altri cristiani e la celebrazione di divinità pagane. Molti legionari sfuggono alla morte e giungono in altre regioni a predicare la fede di Cristo. San Maurizio viene spesso rappresentato iconograficamente quale soldato martire con la palma del martirio, il vessillo rosso crociato, la croce trifogliata, e la spada che, secondo la leggenda sarebbe quella appartenuta a Longino responsabile di aver trafitto il costato di Cristo in croce. A volte è a cavallo e con la pelle scura a memoria della provenienza africana. È patrono del Sacro Romano Impero e dell’Ordine Cavalleresco Mauriziano di Casa Savoia